Quarto Stato

Quarto Stato
Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907)

Chioggia.

Chioggia.
Canal Vena, tratto nord ovest.

Ingresso sud

Ingresso sud
Vele al terzo

giovedì 30 aprile 2009

1^ maggio


Il Quarto Stato
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il Quarto Stato è un celebre dipinto realizzato dal pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo nel 1901.
Opera simbolo del XX secolo, rappresenta lo sciopero dei lavoratori ed è stata eseguita secondo la tecnica divisionista. Non solo raffigura una scena di vita sociale, lo sciopero, ma costituisce un simbolo: il popolo, in cui trova spazio paritario anche una donna con il bambino in braccio, sta avanzando verso la luce, lasciandosi un tramonto alle spalle. Il dipinto è lo sviluppo completo di questo tema, già affrontato dall'artista in dipinti come Ambasciatori della fame, Fiumana e un bozzetto preparatorio del 1898, Il cammino dei lavoratori. La composizione del dipinto è bilanciata nelle forme e movimentata nelle luci, rendendo perfettamente l'idea di una massa in movimento.
Così lo descrive il suo autore: « Siamo in un paese di campagna, sono circa le dieci e mezzo del mattino d'una giornata d'estate, due contadini s'avanzano verso lo spettatore, sono i due designati dall'ordinata massa di contadini che van dietro per perorare presso il Signore la causa comune... »(1892).
È conservato a Milano nel Museo dell'Ottocento della Villa Reale (o Villa Belgiojoso Bonaparte). La versione preliminare, invece, è esposta sempre a Milano presso la Pinacoteca di Brera.
A rendere celebre il dipinto contribuì anche il film Novecento di Bernardo Bertolucci.
È del 2003 il cortometraggio di fiction Il Quarto Stato di Emilio Mandarino che svela lo svolgersi del travagliato percorso creativo del quadro e traccia un breve ritratto storico, umano ed artistico di Giuseppe Pellizza da Volpedo.

A tutti un saluto particolare!

domenica 26 aprile 2009

Cronaca


Il 14 aprile citavo: "TUTTOSCUOLA FOCUS" n. 281/387 della settimana precedente perché volevo evidenziare l’attenzione sempre più importante che si sta rivolgendo al rapporto scuola-tecnologie, anche se a mio avviso sarebbe meglio capovolgere i termini!. Si evidenzia:

Un giorno di scuola nel 2020: la nuova frontiera dell'apprendimento.

Man mano che passa il tempo la frontiera dei futurologi della scuola si sposta in avanti. Tuttoscuola in un convegno del novembre 2004 (Genova, Fiera ABCD), aveva cercato di immaginare la scuola futura ad una ragionevole distanza di anni, ponendo un interrogativo: "2015: fine della scuola?" e prefigurando una possibile evoluzione in direzione dell'homeschooling, di forme di apprendimento individuale realizzate in tutto o in parte al di fuori dell'istituzione scuola tradizionale.

Più o meno allo stesso periodo appartiene uno studio dell'OCSE sugli scenari evolutivi dei sistemi educativi nel 2020. Si ipotizzavano tre scenari, tutti in diversa misura fortemente innovativi - si potrebbe dire post-istituzionali - e tutti fortemente condizionati dallo sviluppo delle nuove tecnologie.
Nella stessa ottica si sono posti ora, a distanza di cinque anni, il convegno dell'ADi svoltosi a Bologna il 27-28 febbraio 2009 ("Da Socrate a Google") e quello promosso a Torino la scorsa settimana [a fine marzo] ("Un giorno di scuola nel 2020"), organizzato dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo.

In comune i due convegni hanno avuto la regia di Norberto Bottani, alcuni relatori di fama internazionale e un notevole successo di pubblico (oltre 500 partecipanti in entrambi i casi). Ciò che è emerso in questi convegni è la conferma del perdurante ritardo dell'Italia per quanto riguarda la diffusione e l'utilizzo delle nuove tecnologie sia a livello scolastico sia a livello familiare (esclusi i telefoni cellulari, peraltro da noi vietati in classe).Ma il cambiamento, come hanno spiegato i diversi relatori, è inarrestabile e irreversibile, e gli insegnanti di oggi, compresi i molti che saranno ancora in servizio nel 2020, devono prepararsi all'idea di operare in nuovi contesti (luoghi fisici diversi dalla classe) e con modalità didattiche e attrezzature molto più mirate all'apprendimento individuale, anche in forme e con tempi diversificati, resi possibili dall'imponente sviluppo delle tecnologie dell'informazione.

Il tema non è nuovo per la testata che, come ricordato, già nel 2004 aveva lanciato al salone della scuola di Genova il tema: 2015, fine della scuola? (http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.fcgi?ID=3549&) evidenziando come alcune tendenze in atto a livello internazionale e nella società italiana prefigurano per l’educazione uno scenario, nel volgere di pochi anni, del tutto inedito, e pongono un interrogativo per certi versi inquietante: la scuola rischia di essere messa fuori gioco, percepita dagli adolescenti di domani come un’istituzione inutile?
Oggi la situazione a mio avviso è molto più complessa perché assistiamo al consolidarsi della diffusione del Web 2.0 e il gap si allarga a ritmo esponenziale.
Il concetto di web 2.0 è nato durante una sessione di brainstorming realizzata tra Tim O’ Reilly, uno dei massimi esperti di Internet, in cui i partecipanti hanno iniziato a riflettere in termini di contrapposizione vecchio/nuovo su alcuni dei fenomeni più diffusi in rete:
Web 1.0 Web 2.0
mp3 --> Napster
Britannica Online --> Wikipedia
Siti personali --> blogs
editoria --> participazione
Sistemi di gestione dei contenuti --> Wikis

Da un punto di vista strettamente tecnologico, il Web 2.0 è del tutto equivalente al Web 1.0; la differenza, più che altro, sta nell'approccio con il quale gli utenti si rivolgono al Web, che passa fondamentalmente dalla semplice consultazione (seppure supportata da efficienti strumenti di ricerca, selezione e aggregazione) alla possibilità di contribuire popolando e alimentando il Web con propri contenuti.
Cfr.: http://www.scuoladisistema-confindustria.it/studi-e-ricerche/plonearticle.2007-01-30.1140323880/
Una simile rivoluzione è destinata ad influenzare fortemente i processi di comunicazione anche dentro le aule. E non solo. Molti di questi nuovi strumenti di seconda generazione sul web possono rivoluzionare anche il nostro modo globale di lavorare, progettare, fare formazione.
Cfr.: http://www.columba.it/2008/11/04/web-20-scuola-didattica-rete-i-materiali-di-littlepan/ e il lavoro di Angelo Panini: www.slideshare.net/littlepan
Al solo scopo esemplificativo richiamo la presentazione di Pierfranco Ravotto che riporto sul mio blog: http://letizia-laetitia.blogspot.com/ ove si possono cogliere a colpo d’occhio le potenzialità e le flessibili spendibilità delle risorse, molto spesso open e free oggi a disposizione. Solo a titolo d’esempio si pensi alla semplicità di Twitter. E’ una piattaforma web attraverso cui si possono pubblicare brevi messaggi di testo, non più lunghi di 140 caratteri. Le parole, le frasi e i pensieri che si affidano alle pagine di Twitter possono essere letti anche dagli utenti "amici", oppure si possono spedire via instant messaging, via e-mail o via SMS direttamente sul cellulare. Viene usato soprattutto come livestream device, ovvero come strumento per descrivere, brevemente e in tempo reale, i momenti, gli episodi e le sensazioni della giornata. Una sorta di breviario virtuale... vengo dalla scuola dell’infanzia e penso a quanta spendibilità ed utilità avrebbe lo strumento già dai primi momenti di scuola ad esempio per comunicare con i genitori dei bambini, creando canali diversi per condividere risultati didattici, iniziative, scadenze, incontri.
Questo spazio, nato tra l'altro anche per esigenze didattiche, si sta, invece, rilevando un qualcosa di importante e personale, uno spazio libero e riservato, intimo e condiviso, un qualcosa di cui sono diventata persino orgogiosa e gelosa... Così arrivo a pensare che un percorso pensato come limitato e finito, sia invece una stada infinita e così aperta e flessibile da seguirti sempre ed ovunque.

Forse è questa la definizione di editing multimediale a cui sinora non ho messo l'etichetta. Spiegare il concetto solo con il mero significato dei termini è riduttivo ed improprio: l'editare usando la mutimedialità, non coglie lo spessore senza limiti delle potenzialitita di un utilizzo di questi strumenti.
Non si tratta solo di trasmettere e ricevere, aggiungiamo anche condividere, notizie; si tratta, invece, di potersi immergere, a tutto tondo, nella comunicazione, usare codici e canali diversi, muovesi con disinvoltura nei plurimi ambienti con strumenti che ti permettono l'uso di linguaggi diffrenti ed in situazioni che possono farti assaporare l'idea della bilocazione, trilocazione, ...plurilocazione.

Ma il vero prodigio è insito nella lettura socio-politica della situazione, non si tratta di raffinati e costosi strumenti a disposizione di pochi, dei potenti o di chi può permetterselo, ma di tutti come se la comunicazione - è forse è proprio vero - e la condivisione fossero uno dei primi ingredienti della democrazia.

E tutto questo è ancora un aspetto, manca la più importante delle possibilità, a mio avviso, la capacità di portare in comunità anche le emozioni, le sensazioni, il vissuto, quella parte di noi che più difficilmente socializziamo nella comunicazione.

Credo che questa mia posizione-confessione sul blog sia proprio la testimonianza di un percorso di lavoro condotto semplicemente ri-flettendo su tutta la mia storia recente e ripensando anche a quanto ho appreso alla IUL in corsi precedenti tanto che ho reso operativa una situazione solo sfiorata passando dalle conoscenze alle competenze (poche… ma implementabili!).

Una bambina, graziosa, capace e diligente, appena appreso a compitare e raggiunta la sicurezza nello scrivere voleva continuare ad usare la matita.
Tutti i compagni si fregiavano dell'alta dignità della biro, ostentando una raggiunta esperienza e sicurezza, anche se le loro produzioni erano sicuramente più semplici e di minor qualità, mentre lei, non si sentiva sicura nell'usare questo strumento. Sembrava una paura di far danni o un continuo timore di sbagliare senza l'ausilio della gomma!
Lo strumento, nella sua efficienza tecnica, invece che risorsa ed opportunità era limite e barriera.
Anche a me è capitato così nei confronti dei prodigiosi mezzi delle TIC e solo ora riesco a liberarmi e ad ... usare la biro.
Ma ho anche capito il valore formidabile della pedagogia dell'errore; sbagliare, cogliere i propri insuccessi, ritornare, risolvendo i propblemi incontrati, sul proprio lavoro è una formidabile metodologia per crescere, per motivarsi, per capire i fondamenti, per stupirsi, come il bel bimbo qui a fianco, e andar oltre. Per crescere...

C’era un qualcosa che mi bloccava e mi impediva l’evoluzione del mio essere digitale, era l’immigrazione ancora non ben accettata, era il timore che la connessione fosse irreversibile e i tentacoli psicologici della rete soffocassero la dimensione creativa, relazionale, sensitiva di ciascuno di noi. Ho scoperto, invece, che le possibilità offerte da questi strumenti stanno modificando radicalmente la comunicazione sul web, sempre più bidirezionale, personalizzata e partecipativa, ed il profilo degli utenti, che, attraverso il web stesso, lavorano, imparano e si relazionano in un modo completamente nuovo. Sono i motivi che hanno fatto nascere la mia Storia semplice , autobiografia di una crescita che Andreas ed Enrico hanno ripreso rimotivando la mia uscita dal guscio:
iamarf 1:33 pm on Aprile 14, 2009
Mi piace molto la storia semplice di Letizia.
Ho sempre trovato assurda la demonizzazione dell’errore.
Instillare in un giovane un esagerato timore dell’errore significa precludergli la possibilità di conoscere.
Avere commesso un errore significa avere un’informazione certa, che è un gran bel regalo per la condizione umana.
L’errore è un formidabile strumento di conoscenza.
Anche la conoscenza scientifica è fondata sull’errore. Non abbiamo altro modo di confrontare i nostri pensieri con “l’esterno” che mediante l’errore. Non esistono teorie giuste ma solo teorie sbagliate. Le teorie sono “giuste” solo in quanto non sbagliate. Anche dopo mille verifiche positive, la prima volta che una teoria viene confutata diventa subito sbagliata.
http://infomedfi.wordpress.com/page/2/
ensitta ha detto...
Bellissima la pedagogia dell'errore.
Mi piace!!! Occorre insegnare educando a convivere con l'errore! quanta fatica. Incontro classi che dell'errore fanno il motivo di beffa dei compagni o del compagno. Sai quante ore in apprendimento cooperativo occorre fare per bilanciare una classe abituata allo scherno della persona che erra??
La pedagogia dell'errore è quella che ci rende tutti più simili, più uguali e più umani, anche gli insegnanti; è quella che permette agli alunni di stare in classe senza pregiudizi e senza paure; è quella che fa dell'errore l'occasione per tutti per avere qualcosa su cui fermarsi, discutere, condividere, ripartire. Errori. Quanti errori? Quali errori? Grammatica, lettura, calcolo, risoluzione dei problemi, ma anche offese, spinte, parolacce... errori.
Se non ci fossero... occorrerebbe inventarli
ciao ciao
http://cooperativelearnignlim.blogspot.com/

Voglio qui riprendere la poesia Ossi di seppia di Eugenio Montale

Cigola la carrucola del pozzo
l'acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un'immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
si deforma il passato,
si fa vecchio, appartiene ad un altro...
Ah che già stride la ruota,
ti ridona all'atro fondo,
visione, una distanza ci divide.

che ho voluto proporre per ricordare che la fatica, forse l’errore, cioè il sudore di un fare attento e partecipato sono il lievito più importante del mio percorso.


GLOSSARIO DEGLI STRUMENTI INCONTRATI ED UTILIZZATI

Un blog è un sito internet, generalmente gestito da una persona o da una struttura, in cui l'autore scrive periodicamente come in una sorta di diario on-line, inserendo opinioni personali, descrizione di eventi, o altro materiale come immagini o video. Ogni aggiornamento è generalmente inserito in ordine cronologico inverso.

Del.icio.us è un sito web di social bookmarking per l'archiviazione, ricerca e condivisione di bookmark, creato nel 2003 da Joshua Schachter ed acquisito nel dicembre 2005 da Yahoo!. Ha più di 5,3 milioni di utenti e oltre 180 milioni di url unici archiviati.
Feed, detto anche feed RSS, feed XML, contenuto diffuso su diversi canali o feed Web, è un tipo di contenuto frequentemente aggiornato pubblicato da un sito Web. I feed vengono spesso utilizzati per i notiziari Web e i blog, ma anche per distribuire altri tipi di contenuti digitali, ad esempio immagini, contenuti audio o filmati. Possono inoltre essere utilizzati per fornire contenuti audio, generalmente in formato MP3, da ascoltare direttamente dal computer o tramite un lettore MP3. Questa funzionalità è denominata podcasting.
Flickr è un’applicazione online per la gestione e la condivisione di foto; ti permette di mostrate le tue foto e video a chi vuoi. Gli account di base sono gratuiti. Si scaricano le foto dal desktop,e si inviano via e-mail o attraverso un cameraphone. Si modificano, organizzano, condividono,…
Il sistema di messaggistica istantanea (in lingua inglese instant messaging) è un sistema di comunicazione solitamente client-server per computer che consente di scambiare in tempo reale, fra utenti di due computer connessi in rete, frasi e brevi testi: è in pratica la moderna versione del vecchio servizio talk di UNIX. È differente dalla e-mail perché lo scambio è istantaneo, ed è più evoluto del suo predecessore perché le frasi compaiono istantaneamente e non lettera per lettera: inoltre, spesso vengono offerti anche altri servizi oltre al semplice invio di messaggi.
Il podcasting è un sistema che permette di scaricare in modo automatico documenti (generalmente audio o video) chiamati podcast, utilizzando un programma ("client") generalmente gratuito chiamato aggregatore o feed reader. Un podcast è perciò un file (generalmente audio o video), messo a disposizione su Internet per chiunque si abboni ad una trasmissione periodica e scaricabile automaticamente da un apposito programma, chiamato aggregatore, e si basa sui feed RSS
Twitter è una piattaforma web attraverso cui si possono pubblicare brevi messaggi di testo, non più lunghi di 140 caratteri. Le parole, le frasi e i pensieri che si affidano alle pagine di Twitter possono essere letti anche dagli utenti "amici", oppure si possono spedire via instant messaging, via e-mail o via SMS direttamente sul cellulare. Viene usato soprattutto come livestream device, ovvero come strumento per descrivere, brevemente e in tempo reale, i momenti, gli episodi e le sensazioni della giornata. Una sorta di breviario virtuale...
Wiki Con il termine wiki si definisce un software collaborativo capace di creare un sito web o una collezione di documenti ipertestuali grazie ai contributi degli utenti. Il sito, oltre a visualizzare e organizzare i contenuti, permette a ogni utente di non essere solo un fruitore passivo, ma anche di intervenire direttamente come autore, aggiungendo o modificando i contenuti via web attraverso un normale browser. Queste funzionalità collaborative hanno trovato un’immediata applicazione in quei campi di ricerca (documentazioni di progetti, progetti collaborativi, enciclopedie, knowledge base d’impresa, wiki comunitarie e personali, traduzioni di libri) in cui la scrittura collettiva di documenti è uno strumento di lavoro indispensabile. La tecnologia wiki nasce come software non gerarchico, ossia come strumento in cui ogni utente può intervenire sui contenuti, ma con il tempo e in relazione alle diverse esperienze e necessità sono stati introdotti sistemi di controllo e di sicurezza sull’accesso all’attività di scrittura, permettendo solo ad alcuni amministratori la possibilità di pubblicare. Gli strumenti di editor sono estremamente friendly. Impostati secondo il principio di semplicità e velocità (wiki significa veloce), per la creazione e l’aggiornamento dei testi usano un semplice linguaggio di markup. Il prodotto finale è un sito web in continuo aggiornamento con una struttura di navigazione non lineare, composta da pagine connesse tra loro da una fitta rete di link, che limita la creazione delle cosiddette pagine “orfane” (con pochi link che rimandano a esse) destinate a passare inosservate. Per il recupero delle informazioni è sempre presente un’opzione di ricerca che può avere vari livelli di scalabilità: dalla semplice ricerca per titolo a quella full text. Fonte: Isfol


Sitografia
http://daniela-areyouconnected.blogspot.com/
http://mariano-ettorre.blogspot.com/
http://cooperativelearnignlim.blogspot.com/
http://dinorahguzzo.blogfree.net/?f=205650
http://dinorahguzzo.blogfree.net/?t=710508
http://editingmultimediale.formativo.com/
http://iamarf.wordpress.com/
http://aracne-wwwblogger.blogspot.com/
http://gianfrancescocamatta.blogspot.com/
http://noiul.blogspot.com/
http://noisbirulini.blogspot.com/
http://valeiul.blogspot.com/
http://editingmultimediale.forumattivo.com/il-tuo-primo-forum-f1/incontro-a-roma-t13.htm#65/

sabato 25 aprile 2009

Quando diventerò bambino...


Ho ricercato questa poesia di Janusk Korczak perchè volevo, nel nostro mondo professionale, pensare alla fatica; è sicuramente impegnativo cercare di utilizzare nuovi strumenti o, meglio, far propria una diversa modalità nell'uso degli strumenti quotidiani, ma non dobbiamo mai dimenticare la nostra vera ragione per faticare...

E’ faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
E’ piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.

La conversazione Educativa con gli strumenti del web 2.0

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martedì 21 aprile 2009

Verso la fine di una storia... senza fine!

Questo spazio, nato tra l'altro anche per esigenze didattiche, si sta, invece, rilevando un qualcosa di importante e personale, uno spazio libero e riservato, intimo e condiviso, un qualcosa di cui sono diventata persino orgogiosa e gelosa... Così arrivo a pensare che un percorso pensato come limitato e finito, sia invece una stada infinita e così aperta e flessibile da seguirti sempre ed ovunque.
Forse è questa la definizione di editing multimediale a cui sinora non ho messo l'etichetta. Spiegare il concetto solo con il mero significato dei termini è riduttivo ed improprio: l'editare usando la mutimedialità, non coglie lo spessore senza limiti delle potenzialitita di un utilizzo di questi strumenti.
Non si tratta solo di trasmettere e ricevere, aggiungiamo anche condividere, notizie; si tratta, invece, di potersi immergere, a tutto tondo, nella comunicazione, usare codici e canali diversi, muovesi con disinvoltura nei plurimi ambienti con strumenti che ti permettono l'uso di linguaggi diffrenti ed in situazioni che possono farti assaporare l'idea della bilocazione, trilocazione, ...plurilocazione.
Ma il vero prodigio è insito nella lettura socio-politica della situazione, non si tratta di raffinati e costosi strumenti a disposizione di pochi, dei potenti o di chi può permetterselo, ma di tutti come se la comunicazione - è forse è proprio vero - e la condivisione fossero uno dei primi ingredienti della democrazia.
E tutto questo è ancora un aspetto, manca la più importante delle possibilità, a mio avviso, la capacità di portare in comunità anche le emozioni, le sensazioni, il vissuto, quella parte di noi che più difficilmente sociualiziamo nella comunicazione.

giovedì 16 aprile 2009

Intervista a Daniel PENNAC

Spigolando nel Web: http://chesifaprof.blogspot.com/2007/11/intervista-daniel-pennac.html


giovedì 1 novembre 2007


Il celebre scrittore francese riflette sulla scuola a partire dalle sue esperienze personali, da studente «somaro» a professore. «Chi non riesce nello studio spesso si fabbrica personalità sostitutive attraverso il continuo acquisto di oggetti. Ed è difficile insegnare a ragazzi immersi in un marketing permanente»


DA PARIGI, BERNARD GORCE


Scrittore di successo, affermatosi negli anni Ottanta con la serie di Benjamin Malaussène, Daniel Pennac è autore del fortunato saggio Come un romanzo in difesa della let­tura. Nell’ultimo libro Chagrin d’éco­le (Gallimard) rievoca, con sottile umorismo, il suo tormentato percorso scolastico: da alunno con difficoltà d’apprendimento a docente di fran­cese. Perché un libro che è, al tempo stes­so, testimonianza e riflessione sul­l’insuccesso scolastico?«Chagrin d’école non è un saggio sulla scuola ma sul dolore di non capire. Sono stato io stesso uno studente so­maro e il libro parla della sofferenza del bambi­no che, già da piccolo, prova quel particolare dolore di non capire quanto gli viene in­segnato. Non assi­mila. Gli sfugge il senso della sua pre­senza in classe, così co­me le finalità di un’isti­tuzione da cui cercherà di scappare. Il dolore dello zuccone provoca in lui una disistima per­manente. L’adolescen­te fallito si sente pri­vato di futuro, prigioniero di un eterno presente».Comunque il libro esce in un conte­sto di tensioni su una scuola che non sa far progredire gli allievi...«Già nel 1969, quando cominciai a insegnare, sentivo la sala professori decretare unanime: 'Il livello si abbassa'. Questo leitmotiv sull’abbas­samento del livello tradisce un altro malessere, l’incapacità della nostra società di superare la riproduzione dell’élite da parte di se stessa. Ma la vera difficoltà di insegnare oggi riguarda un altro aspetto: il conflitto permanente tra desideri e bisogni. I nostri figli crescono in una società venditrice che da mattina a sera si ri­volge ai loro desideri superficiali: consumare sempre di più, cambiare marche, eccetera. Ebbene, il compito dei professori consiste nel rivolgersi ai loro bisogni fondamentali: leggere, contare, ragionare. Difficilissimo in­segnare a ragazzi nei quali un marke­ting permanente crea confusione tra desideri e bisogni. Questa clienteliz­zazione della giovinezza riguarda evi­dentemente di più i ragazzi con diffi­coltà scolastiche che, consumando, si fabbricano personalità sostitutive. Di fronte a questo problema, tutto il resto mi sembra secondario». La sofferenza dello «zuccone», lei di­ce, è tanto più terribile in quanto porta con sé quella degli adulti che lo circondano.«La nullità del figlio getta nella dispe­razione i genitori che temono per il suo futuro, e scoraggia gli insegnanti che la vivono come un fallimento professionale. Sono tutti coinvolti nel disagio. È per questo che rifiuto di soffermarmi sulla responsabilità de­gli uni e degli altri. Intendiamoci be­ne, escludo il caso di adulti torturato­ri, di perversi che si compiacciono del fallimento, o di educatori indiffe­renti. Ma per la maggioranza degli a­dulti il fallimento si determina nono­stante quello che, più o meno bene, abbiamo fatto. Allora il senso di col­pa fa solo sprofondare l’adulto, insie­me con il bambino, nell’umiliazione. Meglio cercare soluzioni che indicare colpevoli». Però lei non è tenero con i genitori immaturi…«Racconto il caso del padre di un mio allievo che era venuto a lamentarsi della scarsa maturità del figlio e che il giorno dopo ho incrociato sul mar­ciapiede, vestito in maniera impec­cabile, ma sul monopattino! Questa storia mi sembra sintomatica di una società in cui troppo spesso scom­paiono le frontiere tra genitori e fi­gli, uniti dallo stesso infantilismo consumistico. La facilità di certi bambini nel padroneggiare, me­glio degli adulti, il funziona­mento dei gadget elettronici d’ultimo grido è solo una pseudo-maturità. Il loro es­sere 'connessi' ci fa perdere il senso della loro infanzia. E noi adulti disperdiamo nei consumi buona parte del­l’attenzione che dovremmo rivolgere all’infanzia dei nostri figli. Non faccio l’avvocato dell’austerità (viva il desi­derio!) ma deploro l’infantilizzazione dell’individuo da parte di un marke­ting permanente. Uomini-bambini di fronte a bambini-uomini, ciascu­no intento a recitare il ruolo dell’al­tro, mentre si è perso il senso di cosa l’altro debba essere. Ecco cosa sia­mo ». Leggendo il libro si ha la sensazione che il successo, in classe, dipenda dai talenti del professore…«Ho constatato spesso che la qualità di vita e d’insegnamento nei college e nei licei dove vengo invitato è do­vuta in gran parte alla personalità del direttore, del preside, e quella della classe alla personalità dell’insegnan­te. Detto questo, penso che certe pra­tiche potrebbero essere generalizza­te. Il teatro, ad esempio, andrebbe praticato in tutti gli istituti come lo sport. L’opera ripetuta e recitata su­scita lo spirito di gruppo e rende dav­vero possibile immergersi nella lin­gua francese. Se tutti gli allievi, fin dalla più tenera età, venissero abi­tuati a recitare, sono persuaso che la loro capacità di esprimersi cambie­rebbe in modo sostanziale». Qual è il segreto del mestiere?«L’amore. Ma attenzione: non si trat­ta di rendere sentimentale il rappor­to pedagogico. Quello che chiamo amore è un cocktail fatto di passione per la materia che si insegna, piacere di trasmetterla e una benevola luci­dità nei confronti della giovinezza. Questi tre ingredienti mi sembrano indispensabili al mestiere di professore ». Eppure pare che in alcune città i gio­vani siano meno «amabili» degli zucconi di un tempo…«Su 12 milioni e 400 mila allievi, in Francia, poniamo che 50 mila siano responsabili di atti violenti negli istituti. Sarebbe lo 0,4% della popolazio­ne scolastica. Oggi, quando si tratta di scuola, si sente parlare solo di que­sto margine che delinque. Tale stig­matizzazione della periferia mi scan­dalizza. Sono scandalizzato che le in­telligenze più raffinate si facciano portatrici di tale razzismo incoscien­te. Anche qui vedo la sindrome di u­na società che ha perso il senso della paternità».

martedì 14 aprile 2009

Scenari.

Cito da : "TUTTOSCUOLA FOCUS" n. 281/387 del 05/04/2009
...
7. Un giorno di scuola nel 2020: la nuova frontiera dell'apprendimento

Man mano che passa il tempo la frontiera dei futurologi della scuola si sposta in avanti. Tuttoscuola in un convegno del novembre 2004 (Genova, Fiera ABCD), aveva cercato di immaginare la scuola futura ad una ragionevole distanza di anni, ponendo un interrogativo: "2015: fine della scuola?" e prefigurando una possibile evoluzione in direzione dell'homeschooling, di forme di apprendimento individuale realizzate in tutto o in parte al di fuori dell'istituzione scuola tradizionale.
Più o meno allo stesso periodo appartiene uno studio dell'OCSE sugli scenari evolutivi dei sistemi educativi nel 2020. Si ipotizzavano tre scenari, tutti in diversa misura fortemente innovativi - si potrebbe dire post-istituzionali - e tutti fortemente condizionati dallo sviluppo delle nuove tecnologie.
Nella stessa ottica si sono posti ora, a distanza di cinque anni, il convegno dell'ADi svoltosi a Bologna il 27-28 febbraio 2009 ("Da Socrate a Google") e quello promosso a Torino la scorsa settimana [a fine marzo] ("Un giorno di scuola nel 2020"), organizzato dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo.
In comune i due convegni hanno avuto la regia di Norberto Bottani, alcuni relatori di fama internazionale e un notevole successo di pubblico (oltre 500 partecipanti in entrambi i casi). Ciò che è emerso in questi convegni è la conferma del perdurante ritardo dell'Italia per quanto riguarda la diffusione e l'utilizzo delle nuove tecnologie sia a livello scolastico sia a livello familiare (esclusi i telefoni cellulari, peraltro da noi vietati in classe).Ma il cambiamento, come hanno spiegato i diversi relatori, è inarrestabile e irreversibile, e gli insegnanti di oggi, compresi i molti che saranno ancora in servizio nel 2020, devono prepararsi all'idea di operare in nuovi contesti (luoghi fisici diversi dalla classe) e con modalità didattiche e attrezzature molto più mirate all'apprendimento individuale, anche in forme e con tempi diversificati, resi possibili dall'imponente sviluppo delle tecnologie dell'informazione.
...
Mi pare che stiamo facendo qualcosa in questa direzione!

sabato 11 aprile 2009

Storia semplice.

Una bambina, graziosa, capace e diligente, appena appreso a compitare e raggiunta la sicurezza nello scrivere voleva continuare ad usare la matita.
Tutti i compagni si fregiavano dell'alta dignità della biro, ostentando una raggiunta esperienza e sicurezza, anche se le loro produzioni erano sicuramente più semplici e di minor qualità, mentre lei, non si sentiva sicura nell'usare questo strumento. Sembrava una paura di far danni o un continuo timore di sbagliare senza l'ausilio della gomma!
Lo strumento, nella sua efficienza tecnica, invece che risorsa ed opportunità era limite e barriera.
Anche a me è capitato così nei confronti dei prodigiosi mezzi delle TIC e solo ora riesco a liberarmi e ad ... usare la biro.
Ma ho anche capito il valore formidabile della pedagogia dell'errore; sbagliare, cogliere i propri insuccessi, ritornare, risolvendo i propblemi incontrati, sul proprio lavoro è una formidabile metodologia per crescere, per motivarsi, per capire i fondamenti, per stupirsi, come il bel bimbo qui a fianco, e andar oltre. Per crescere...

sabato 4 aprile 2009

Ricerca.

Ho travato nella scheda biografica del docente un pensiero-guida circa l'uso dei poderosi strumenti proposti dal nostro tempo che si presenta come monito prima del loro utilizzo a patto che al centro dei pensieri vi siano sempre gli studenti e non i balocchi tecnologici.
E' importantissimo che la ricerca quotidiana di chi si occupa di formazione, infatti, continui e non si sieda sulla comodità della tecnologia. In Ossi di seppia Eugenio Montale diceva:
Cigola la carrucola del pozzo
l'acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un'immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
si deforma il passato,
si fa vecchio, appartiene ad un altro...
Ah che già stride la ruota,
ti ridona all'atro fondo,
visione, una distanza ci divide.
ricordando come il cigolare è il continuo porsi in ascolto e ricerca di un qualcosa che ci modifica e separa... A noi il compito di migliorare. Noi e chi ci è affidato. Noi e il nostro lavoro.

venerdì 3 aprile 2009

Diversità e scuola.

Certamente, la diversità è patrimonio importantissimo da condividere; non a caso anche la ratio del nostro ordinamento costituzionale ribadisce che ciascuno contribuisce al benessere (non solo economico, ma ben-essere) del consorzio sociale.
Forse la scuola, come istituzione deve uscire da routine e procedure (de-scolarizzarsi!) per permettere, promuovere e garantire questo. Ecco perchè il tempo, e la velocità del suo scorrere, in quest'ambito, diventano per me oggetto di riflessione... Vorrei che la tavolozza avesse da esprimere il maggior numero di colori possibile!
Mi piace qui riprendere il pensiero del pedagogista svedese Husen: educare al massimo possibile.

mercoledì 1 aprile 2009

Velocità o lentezza.

Rifletto su come sia veloce, forse troppo veloce, un sistema ci comunicazioni come questo; sicuramente ciascuno è regista del proprio tempo e delle proprie "apparizioni" ma finestre così "grandangolari" sicuramente spingono sull'acceleratore...
Sono, però, sempre colpita dalle riflessioni di Calvino sulla lentezza (Lezioni Americane) nelle sue Sei lezioni per il prossimo millenio; e noi ci siamo già dentro da nove anni correndo sempre di più, soprattutto in quest'ambito.
Penso alle suggestioni del Prof. Toschi quando si soffermava sulla banda lenta e sulla veloce, sulla periferia e sul centro.
C'è sempre un modo migliore per affrontare la realtà, dobbiamo individuarlo...

Delicious

http://delicious.com/letifri

Vorrei condiviere con Voi il mio delicius - sopra vi trascrivo il link - che ho ripreso in mano e intendo iniziare a manutenzionare. Inizio già a vedere una prospettiva pratica, il costruire un sistema che mi serva anche dopo l'esame. Voglio provare a trasformare un sapere e un'abilità in una competenza.

Allo scopo trascrivo una citazione di Norberto Bottani che molto trovo importante: L’approccio per competenze non è una novità dell’istruzione scolastica del XXI secolo. Non è nemmeno una moda passeggera. Da sempre, sin dai tempi di Platone, le competenze transdisciplinari sono state l’obiettivo dell’educazione. La novità odierna consiste nell’applicare questa esigenza nell’istruzione di massa, nella scuola di tutti e non solo in quella per pochi.

Crisi, con senso di inadeguatezza...

Come un elefante goffo tra preziosi cristalli mi muovo a fatica e con incertezza sforzandomi di costruire un percorso per me inusuale anche se non del tutto nuovo: ho già condiviso un blog e utilizzato delicius... ma sono una bibliotecaria e la carta stampata e il libro sono ancora una costante della mia quotidianità.
Ho visitato più volte i blog dei compagni di strada di questa avventura IUL e sempre scopro cose nuove ed interessanti, tanto interessanti da smuovermi e animare un poò il mio coraggio e la mia passione.
In questi giorni ho lasciato decantare l'ansia di prestazione e il timore del nuovo che un po' mi bloccano e ho travato un'enorme spinta propulsiva su un'esternazione del docente che ci partecipava la sua iniziale indisponibilità ad assumere l'incarico dell'insegnamento di EDITING fintanto che non ha condiviso con la IUL che si tratta non di una dimensione tecnica e procedurale benì di una dimensione esperenziale e operativa. Quindi eccomi, pronta ad operare, con i miei numerosissimi limiti e le poche certezze che con fatica ho raggiunto.
Confido che spesso le cose che non ho mai fatto, ad esempio: catturare un video mi generano ancora una brivido freddo ed una leggera sensazione di panico ma sono perfettamente cosciente che si tratta di quell'istante che precede il lancio del tuffatore. Perdonate la metafora, ma ho bisogno, e lo chiedo anche a voi, amici, di quella ferma e decisa spinta che mi lanci nell'acqua del liquidissimo mondo del web.
Chiudo gli occhi, anzi li apro e mi... butto! Eccomi ci sono anch'io.