Quarto Stato

Quarto Stato
Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907)

Chioggia.

Chioggia.
Canal Vena, tratto nord ovest.

Ingresso sud

Ingresso sud
Vele al terzo

venerdì 29 maggio 2009

Riflessione


Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto.

Epicuro

mercoledì 27 maggio 2009

Letargo.

E' il punto critico di non ritorno; è qui che secondo me si fa la qualità di una nostra crescita.
Se rompiamo la rete, se allentiamo le maglie, se sospendiamo i contatti, perdiamo un'occasione di crescita. Il quotidiano, gli impegni, le scadenze pressanti, ci distogono e distraggono ma, credo, è il momento dello sforzo finale; cerchiamo di non cedere, di mantenere viva la rete, di alimentare le connessioni, perchè il letargo è l'oblio.

sabato 23 maggio 2009

Guardando in biblioteca.


Umberto Eco raccoglie in questo volume (rielaborandoli ampiamente) una serie di studi sulla storia della semiotica e della filosofia del linguaggio scritti negli ultimi anni. Tra argomenti curiosi e interrogativi che hanno fatto la storia della filosofia occidentale, attraversa tutta la storia della cultura occidentale, da Aristotele al pensiero debole di Vattimo, passando per il Medioevo, la Cabala, Marco Polo, Kant.

martedì 19 maggio 2009

E i libri, che fine faranno?



E' con piacere che trovo in libreria il volume di Carrière ed Eco presentato il 14 scorso in apertura della Mostra del libro di Torino; alla mente mi sovviene Massimo Balldini, Storia della comunicazione, Newton e Compton, 2003, che descrive l'evoluzione della comunicazione sino ai giorni nostri e, un po', prospetta il futuro. Qui si tratta di pensare come il libro si porrà...
Da http://www.ibs.it/, trascrrivo la recensione:

Un semiologo e uno sceneggiatore si incontrano a Parigi. Ne nasce una
conversazione coltissima e allo stesso tempo ironica, ricca di citazioni, di
aneddoti, ma anche di riflessioni sul futuro del libro. Entrambi appassionati
collezionisti di libri rari, Umberto Eco ha dedicato gran parte della sua
ricerca al tema dell’errore e del falso, Jean-Claude Carrière, noto uomo di
teatro, sceneggiatore e saggista, ha approfondito il tema della stupidità, con
il suo Dictionnaire de la bêtise. Sono quindi gli incidenti di percorso, le
cadute, i discostamenti dalla norma, il fulcro dell’attenzione dei due studiosi:
tutte quelle cose che ribadiscono l’importanza della conservazione. Si tratta
principalmente dei libri, ovvero dell’ultimo baluardo della sopravvivenza della
memoria, dal momento che sono sopravvissuti a tutte le trappole a cui la storia
li ha sottoposti.Dai monaci cistercensi alla riproduttività tecnica, dal papiro
agli e-book, nonostante l’accelerazione esponenziale della tecnologia, i libri
continuano a resistere a tutte le invenzioni successive, dimostrandosi il
corrispettivo della ruota nella storia della tecnologia: un’invenzione che non
ha mai ceduto il passo a suoi rivali. L’esempio del cinema, dice Jean-Claude
Carrière, può chiarire meglio il concetto: ogni nuova tecnologia, la
registrazione della voce e dei suoni, le immagini sintetiche, la televisione,
cercherà di dimostrare che supera i limiti propri della tecnologia precedente, e
si presenterà orgogliosamente come unica, come se fosse in grado di spazzare via
tutto ciò che l’ha preceduta. In realtà, esigendo un nuovo linguaggio,
certamente più complesso, queste nuove tecnologie presuppongono, e quindi
comprendono, l’uso dei linguaggi meno complessi, è questo il motivo per cui è
proprio grazie ad Internet che siamo ritornati all’era alfabetica.Il computer,
nonostante sia stata annunciato da più parti come il simbolo dell’imperio delle
immagini, in realtà ha decretato il successo della lettura. Il monitor è infatti
solo uno dei supporti attraverso cui si compie questo gesto, e non è neanche
quello più comodo, a causa della fatica fisica e della difficoltà di trasporto.
Cinquecento anni di storia non solo hanno lasciato inalterata la funzione svolta
dal libro, ma hanno decretato il successo di un oggetto che, come il cucchiaio o
la ruota, non può essere perfezionato.Il fulcro del discorso intrapreso dai due
studiosi non è quindi l’importanza del libro in sé, ma l’esistenza del concetto
di permanenza e di durevolezza della memoria, che è veicolata dai libri, e che,
come concetto collettivo, rappresenta la cultura. La memoria filtra le
informazioni utili e cancella dal nostro cervello tutto il superfluo,
esattamente come le biblioteche e gli archivi inglobano tutto ciò che non può
essere memorizzato e tramandato a voce. Sostiene il semiologo che “la cultura è
un cimitero di libri e di altri oggetti scomparsi per sempre”, è quindi una
delle funzioni principali del libro quella di immagazzinare e preservare le
informazioni che in questo momento non ci sembrano utili, ma che potrebbero
interessarci un giorno nel futuro, se vorremo tornarci. Il segreto
dell’immortalità del libro è proprio il suo proiettarsi verso il futuro, la sua
profonda capacità di sopravvivere alle maglie della memoria e ai sedimenti del
tempo.

sabato 16 maggio 2009

Bibliografia


Le critiche dei descolarizzatori (in particolare Paul Goodman, Everett Reimer, Ivan Illich) che fin dai primi anni ’60 hanno svelato la vera natura dell’espansione del sistema-scuola e la sua progressiva egemonia all’interno della società, hanno colto nel segno e previsto che la grande importanza e i massicci investimenti da parte degli Stati nell’ambito dell’istruzione di un paese, sarebbero stati una necessità strumentale delle politiche di espansione del capitalismo.


Cfr.:

P. Goodman, Compulsory Mis-education and The Community of Scholars, New York, Vintage Book, 1962;


E. Reimer, La scuola è morta, Roma, Armando, 1974;


I. Illich, Descolarizzare la società, Milano, Mondadori, 1972.

venerdì 15 maggio 2009

Descolarizzatori.


I riferimenti alla necessità di passar oltre il tradizionale modello formativo-istituzionale della scuola intesa burocraticamente recupera la forza propulsiva dell'idea di fondo dei descolarizzatori. Tra essi Ivan Illich (4/9/1926 - 2/12/2002).

. Era un libero pensatore, fuori da ogni schema. Aveva una grande dote: sapeva levarsi in volo e guardare il mondo dall'alto, al di fuori delle mura che ci fanno ombra. E quella visione del mondo era capace di trasmetterla, ma non come tanti filosofi che si allontanano tanto dalla realtà da non saperla più raccontare a chi ci vive dentro. Illich era capace di smontare pezzo per pezzo le nostre "certezze", ogni suo libro ha la capacità di "alleggerire il lettore, di farlo sentire più libero, più umano, più vivo.
I suoi scritti "eretici" hanno sollevato grandi polemiche e si sono attirati le dure critiche degli intellettuali organici" della sinistra. Ma non è mai diventato famoso.
Eppure Ivan Illich può dare a questo secolo e alle nuove generazioni ancor più di di quanto abbia dato alla generazione degli anni settanta. L'opera di Illich è più che mai attuale. Il buio di questi tempi ha più che mai bisogno di quel raggio di sole. Per questo abbiamo deciso di dar vita ad un sito dedicato a lui. Infatti gran parte dell'opera di Ivan Illich è ormai introvabile, le case editrici hanno smesso di pubblicarne i libri, e praticamente non esistono siti italiani che svolgano un ruolo di archivio e divulgazione del suo pensiero, come invece si trovano in inglese, spagnolo e tedesco. Diversi libri di Ivan Illich sono pubblicati interamente sul web in queste lingue, ma non in italiano.
Un po' alla volta costruiremo uno spazio virtuale che possa preservare e diffondere l'opera di questo grande personaggio contemporaneo, pubblicando saggi, libri ed articoli per lo più introvabili. Ciò richiede un lungo lavoro che comprende ricerca, traduzione e digitalizzazione di testi. Chiunque sia disponibile ad aiutarci è pregato di contattarci. E chiunque sia a conoscenza di testi o materiale vario riguardante Ivan Illich è invitato a segnalarcelo.



In Descolarizzare la società Illich riprende il mito di Pandora per spiegarci l’affievolirsi della speranza e il sorgere delle aspettative nell’orizzonte umano. “La Pandora originaria, ‘colei che dona tutto’, era una dea della terra nella Grecia patriarcale della preistoria. Essa fece scappare tutti i mali dal suo vaso, ma chiuse il coperchio prima che potesse fuggirne anche la speranza. La storia dell’uomo moderno comincia con la degradazione del mito di Pandora e termina con lo scrigno che si chiude da solo. È la storia dello sforzo prometeico creare istituzioni che blocchino l’azione dei mali scatenati. È la storia dell’affievolirsi della speranza e del sorgere delle aspettative.”. “La sopravvivenza della specie umana – conclude Illich – dipende dalla riscoperta della speranza come forza sociale.”.

giovedì 14 maggio 2009

Adozioni libri di testo ed Editing.


Segnalo l'assoluta novità nelle fonti di legislazione scolastica; per la prima volta la C.M. n. 16 del 10 febbraio 2009 che si sta osservando in questi giorni per le adozioni dei libri di testo per il prossimo a.s., recita:


A tale proposito, è opportuno considerare che - come sottolineano autorevoli studi – il rapporto con la realtà e l'approccio alla conoscenza dei cosiddetti "nativi digitali", ovvero i nostri piccoli e grandi studenti, sono ormai significativamente diversi da quelli dei "figli di Gutenberg".

È questo un dato di novità assoluta difficilmente ignorabile e con il quale la scuola e i processi di insegnamento/apprendimento che in essa si attuano dovranno progressivamente misurarsi.

martedì 12 maggio 2009

La Classe




ROMA - Da una parte c'è Souleymane che ogni mattina entra in classe con cappello e cappuccio della felpa ben calcati sulla testa, anche se gli viene chiesto ogni mattina di toglierseli prima di sedersi al banco. Indira che chiede perché si dice pioggia "a catenelle". O Mezut convinto che loro sia un verbo. Dall'altra gli insegnanti alle prese con una mancanza cronica di sonno, barricati in sala professori a lottare con la fotocopiatrice, sconfitti dalla macchina e da un confronto in aula che non dà loro tregua. In mezzo lui, François Bégaudeau, e la sua cronaca impietosa di un anno di insegnamento in una scuola della periferia parigina. "La classe", edizione italiana di "Entre les murs", caso letterario che in Francia ha fatto divertire studenti, riflettere professori e incantato pubblico e critica, arriva in libreria la prossima settimana per Einaudi nel bel mezzo del dibattito nostrano sullo stato della scuola. Il tragicomico resoconto delle vicende dell'autore-prof alle prese con i suoi alunni tra le mura del liceo Mozart ha fatto molto discutere alla sua uscita nel 2006 e da quelle pagine è nato anche il film diretto da Laurent Cantet vincitore quest'anno della Palma d'Oro a Cannes, che vedremo nelle nostre sale a ottobre. Con una tiratura iniziale di 5000 copie, grazie ad un sotterraneo passaparola è espolso in un enorme successo, conquistando diverse riedizioni e il premio France Culture-Télérama.
Un romanzo più che sulla scuola, "dentro la scuola": così lo ha definito l'autore, 37 anni, che per la sua opera ha attinto direttamente alla sua esperienza di insegnante di francese in un istituto "sensibile". Proprio come il Mozart del libro, dove gli alunni si chiamano Jihad, Khomba, Dianka, Ming e parlano una lingua loro, tutta orale, con il suo slang, le sue ritualità e ritmi da rap. Ragazzi ed insegnanti sono divisi da un muro impenetrabile: due mondi paralleli che non trovano quasi mai punti di contatto. Questa incompatibilità si traduce in una serie di dialoghi rapidi, asciutti, divertentissimi e di un'ironia tagliente: "Come si chiama quando si dice il contrario di quello che si pensa facendo capire che si pensa il contrario di quello che si dice?" "Prof la sua domanda mi fa venire il mal di testa" "Qual è la domanda prof?" "Forse ironia?" "Be, sì, è esattamente questo. Provate a fare una frase ironica". "Lei è bello". "Grazie, ma la frase ironica?""Lei è bello". "Ok, perfetto, grazie tante". "Prof fa troppo caldo, facciamo lezione fuori". "Certo, vuoi anche una coca?" "Lei esagera, prof". O ancora: "Prof, lei preferisce essere o non essere?" "Questo è il dilemma". "Io preferisco essere". "Hai ragione, ma continuiamo la lezione". Le singole giornate dell'anno scolastico, suddivise in cinque capitoli inframezzati dalle vacanze, passano fra scontri e scambi surreali, tentativi dei ragazzi di districarsi fra ausiliari, futuri anteriori e pronomi, e dei professori di trasmettere qualcosa, con un minimo di autorevolezza. Entrambi fallimentari, in un crescendo di frustrazione e situazioni tragiche che la ripetitività rende comiche, in una scuola ormai completamente desacralizzata. Bégaudeau - che ha anche collaborato alla sceneggiatura del film di Cantet dove, fra l'altro recita sé stesso - non dà giudizi. Non si schiera a favore dell'uno o dell'altro, ma di questa scuola - che a guardar bene somiglia a tante altre - offre una sequenza di immagini in presa diretta, tra miserie e sprazzi di luce da entrambe le parti, quella dei professori e dei ragazzi, raccontate con un humor quasi nero, senza commenti. "Lasciamo le generalizzazioni ai sociologi" ha detto l'autore in un'intervista a Le Monde: "Il romanziere ha tutto da guadagnare nel dettagliare la realtà. La realtà è molto più complicata". (17 settembre 2008)

domenica 10 maggio 2009

Film.



Oltra alle recente tasposizione in film de La Classe voglio ricordare altri recenti tentativi di trasposrte sul grande schermo testi che fotografano la vita della scuola. Ad esempio, i volumi di Domenico Starnone sono stati riletti in La Scuola
Cast
Silvio Orlando, Anna Galiena, Fabrizio Bentivoglio, Antonio Petrocelli, Anita Zagaria, Vittorio Ciorcalo, Daniela Alessio, Mario Cerasi, Grazia Conteddu
Regia
Daniele Luchetti
Sceneggiatura
Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Domenico Starnone
Data di uscita
1995
Genere
Commedia
Trama
In un istituto scolastico della periferica romana le cose vanno decisamente più che male: per fatiscenza è caduto il soffitto della biblioteca e la scomparsa della professoressa Serino (ormai vicinissima al collocamento in pensione) fa pensare al peggio. I professori sembrano in stato di permanente fibrillazione, tra meschinità, pettegolezzi e, soprattutto, a causa dell'orario delle lezioni (vera difficoltà per i docenti condizionati da problemi di famiglia). Essi appaiono in maggioranza demotivati, se non ignoranti. Il preside è una nullità, il suo vice, Sperone, troppo rigido, più preoccupato del futuro collocamento dei ragazzi sul mercato del lavoro che non della loro formazione culturale ed umana. Fa eccezione Vivaldi, persona paziente ed idealista, molto sensibile alle difficoltà familiari e caratteriali dei suoi allievi (è il caso dell'allievo Cardini, quasi eternamente assente, la cui bravura in classe è quella di imitare alla perfezione il ronzio di una mosca) e la professoressa Majello, bella e dolce, al centro delle allusioni e dei pettegolezzi delle colleghe (è in crisi matrimoniale e le si attribuisce come amante il brusco Sperone, mentre lei è segretamente innamorata di Vivaldi, che neppure lo immagina, anche se lo spera). Anche una gita scolastica a Verona (finita con un pigiama-party dei docenti) nulla risolve fra i due. Il "clou" si manifesta al momento degli scrutini, dove tutte le insufficienze e carenze generali vengono palesate e, tra compromessi - caldeggiati dal preside - e voti mutati per pietismo, tutta la classe ottiene la promozione, ad eccezione di Cardini (pare abbia sottratto una telecamera dell'Istituto, il che poi risulterà non vero). L'anziana ed un po' svampita professoressa Serino ricompare (dimenticatasi della data degli scrutini, si era assentata senza avvertire nessuno). Vivaldi ha capito che la gentile Majello era innamorata di lui, ma lei rimane con marito e figlia, per cui ogni tardiva illusione cade nel nulla. Nell'edificio scolastico ormai vuoto sembra ancora sentirsi il ronzio e i voli della mosca imitati da Cardini.
Un edificio che sta per cadere a pezzi, una squadra di insegnanti flemmatici e faciloni da far impallidire la riforma Moratti, una classe di studenti difficili da domare. Sono questi gli ingredienti de La scuola, commedia a sfondo sociale targata 1995, diretta da Daniele Luchetti ed interpretata da Silvio Orlando, Anna Galiena e Fabrizio Bentivoglio. L'ultimo giorno di scuola in un istituto tecnico alla periferia di Roma si annuncia carico di eventi per il professor Vivaldi (Silvio Orlando): in agenda le ultime interrogazioni, gli scrutini finali e la festa d'addio per il pensionamento di una collega. Ma crolla il soffitto della biblioteca, gli studenti hanno già la testa in vacanza e gli scrutini vengono interrotti dalla classica telefonata, che annuncia la presenza di una bomba nell'istituto. Senza considerare che la collega in onore della quale si era organizzata la festa non si presenta a scuola, per la prima volta nella sua lunga carriera. Poco male, la festa ha luogo ugualmente, con tanto di discorso d'encomio dell'inetto preside di fronte a un corpo docenti impaziente di lanciarsi sulla tavola imbandita, giusto per non ritirarsi in sala scrutinio a stomaco vuoto. E intanto vola la mente di Vivaldi, vola indietro nel tempo, alla gita scolastica di primavera, alimentata da una voce di corridoio che vorrebbe la professoressa Majello (una splendida Anna Galiena) amante del professor Sperone (l'ennesimo perdente della già nutrita schiera di perdenti interpretati da Fabrizio Bentivoglio). “La commedia è un atto d'amore tra il regista e il pubblico, un atto di generosità autentica, che funziona solo se la gente si diverte e si immedesima nella storia” ha dichiarato in una recente intervista Luchetti. E come non immedesimarsi in questa storia che, con grande ironia, fa riflettere sull'infinita pochezza della scuola italiana. Come non riconoscere in Silvio Orlando il nostro professore preferito, l'unico che si muova in sintonia con gli studenti e che consideri l'insegnamento una missione. Come non tremare sotto lo sguardo del professor Sperone, la cui politica educativa sembra essere guidata unicamente dalle dinamiche del mercato del lavoro. È fuori dubbio che la capacità di divertire di questo film stia nelle interpretazioni degli artisti, un'affiatata compagnia di attori in forma, mentre la sua forza di immedesimazione stia nella sceneggiatura, uscita proprio dalla penna di un ex-professore. Tratto infatti dai romanzi di Domenico Starnone “Ex cathedra”, “Fuori registro” e “Sottobanco”, l'ultimo dei quali adattato anche per il teatro nella stagione '92-‘93, La scuola è diventato uno dei più grandi successi di pubblico e di critica del cinema italiano, vincendo il David di Donatello come miglior film, In DVD La scuola si presenta con audio in italiano e sottotitoli per non udenti. Essenziale il fronte dei contributi speciali che offre le note biografiche e filmografiche del cast artistico e del regista.

sabato 9 maggio 2009

Domenico Starnone







"A volte viene il desiderio di fermarsi e mettere un po' d'ordine tra le cose che ci siamo lasciati alle spalle. Ma il desiderio non basta, c'è bisogno di un'occasione. Ho approfittato del compleanno di Ex cattedra, il mio primo libro, un diario che raccontava in diretta la scuola del 1985-86, per decidermi a rimettere sguardo e mano su quello che di scolastico, negli anni, ho abbandonato qua e là. Moltissima roba l'ho lasciata dov'era, su giornali e riviste, a sbiadire definitivamente. Altre cose, poche, le ho recuperate per metterle di seguito a Ex cattedra come testimonianza di un percorso e di una passione. Il risultato è questo volume, che considero come una teca, la custodia di vecchie pagine nate dal gusto di raccontare e dall'amore per la scuola pubblica, un luogo di esposizione per un'esperienza definitivamente conclusa." (Domenico Starnone)

Tra tutti i ripetenti, l'insegnante è il più ripetente di tutti. Gli studenti, come sassi di una fionda, fanno un po' di giri e poi finiscono via. L'insegnante resta, anno scolastico dietro anno scolastico, imbambolato dalla giostra su cui è salito a sei senza sapere che non ne sarebbe sceso più. Un insegnate pluriripetente racconta qualche giro sulla 'giostra scuola'. Ne vengono invenzioni buffe praticamente vere. Un'allieva che cambia continuamente nome per confondere il suo insegnante. Un amore infantile nato tra "Pianto antico" e "Chiccolino dove vai". Un docente svampito braccato dai fantasmi senza nome dei suoi studenti. Un corso interdisciplinare più attento al Moro di Venezia che a un giovane studente nigeriano. Una fuga attraverso aule e corridoi di un insegnate che non vuole pianificare il suo lavoro. Il Novellino di un'istituzione - la scuola media superiore - freneticamente immobile.
recensione di Borgarelli, S., L'Indice 1992, n. 6
(recensione pubblicata per l'edizione del 1992)

"Per ultimo: 'io' non sono io. Niente di ciò che ho raccontato qui mi è realmente accaduto. Se fatti e persone dovessero sembrare reali, la colpa è tutta della realtà". Con questa avvertenza si chiude la raccolta di racconti ambientati in quel mondo scolastico grottesco e stralunato che già aveva dato materia a Starnone - professore d'italiano in un tecnico di Roma - per l'esilarante "Ex cattedra". Ma l'autore approfitta a oltranza, in controluce, dei panni del protagonista. In "Piano" ad esempio, lo svagato insegnante d'italiano che non si rassegna a presentare il piano annuale di lavoro al preside, ha la stessa età di Starnone: "'E allora? Consegni questo piano. Che ci vuole? Lo sa come si fa. Da quanto tempo è nella scuola?' Ho risposto: 'Dalla prima elementare. Quarantadue anni. Sono del '43".
Chissà se la comicità delle situazioni vissute dal protagonista agisce nello stesso modo in tutti i lettori possibili.
Forse no. Forse avrà più sicura presa su chi ogni giorno entri in un'aula scolastica per fare un mestiere che Freud poneva tra quelli impossibili. Su chi potrà mettersi a sua volta nei panni di un eroe tragicomico della categoria, ora goffo ora audace. Capace di trasformarsi in saltimbanco, pur di vincere nel gioco della seduzione. Di tenere nella sua orbita discenti pronti in qualsiasi momento a rientrare nella loro galassia. Come accade in "Travestimenti", dove il protagonista si scopre parodiato da un'allieva abilissima che in sua assenza a beneficio della classe "salmodiava sonnolenta: 'La poesia pascoliana è densa di agghiaccianti dettagli da obitorio...'. Poi ha finto un respiro mozzo si è fermata apoplettica e ha rantolato: 'Da obitorio, sì'". Qui la trovata da saltimbanco "... ho afferrato uno zainetto vuoto e me lo sono sistemato sotto il maglione per farmi un seno di belle speranze. Quindi mi sono piegato un po ' sulle ginocchia per significare: 'Tamburrano è tracagnotta'...La classe, superato il disorientamento iniziale, ha dato pugni sui banchi, calci nell'aria, sghignazzi". Aspetti consolatori di una narrazione terapeutica, in primo luogo per chi salda con il filo delle digressioni - da un racconto all'altro - la scelta della nevrosi ex cattedra con quella ex letteratura: "Non so che faccia ho fatto ", dice il narratore alla fine di un gioco dei prefissi fatto in classe, dove intuisce di non potersi sottrarre all'etichetta di "dissegnante" nemmeno lui, così democraticamente ludico... Qui un piano semovente ruota di colpo, spostandoci nella bottega dello scrittore artigiano: "Uno dei problemi del racconto in prima persona è che non puoi mai descrivere l'espressione che hai".
Ma terapeutica per il lettore-insegnante sarà l'implicita rivendicazione che percorre tutti questi racconti. Del diritto di cittadinanza di un tempo "altro" da quello dei rituali stantii della scuola. Tempo solo per convenzione di ruoli urgente presso l'adolescente: "Questa mattina mi sono distratto e ho cominciato a fischiare in classe...A sentirmi mi sono interrotto con un sussulto. Ho temuto che qualcuno mi gridasse: 'Manigoldo, non si fischia in classe'...Ho provato un terrore che sapeva di gomma per cancellare, pennino Cavallotti, calamaio, carta assorbente". Così in "Allor" si dà luogo alla libera associazione per ritrovare i primi anni di scuola. Nascosti tra le pieghe di quelli recenti, vissuti da "insegnante". Rivelati dai lapsus, dagli atti mancati che inceppano la giostra scolastica. Registrati fuori registro.

McCourt Frank, Ehi, prof!, Adelphi


Negli anni Cinquanta, i cieli delle città americane (e anche gli schermi dei relativi cinema) pullulavano di oggetti volanti non identificati. L'oggetto che il primo giorno di scuola attraversa il cielo della classe, sotto gli occhi attoniti del professor Frank McCourt, è invece identificabilissimo: un panino che l'immancabile mamma italiana ha farcito, a beneficio del suo pupo, con peperoni, cipolla, formaggio fuso e mortadella. Se la prima inquadratura del libro risulta quantomeno inattesa, l'epilogo della sequenza, con il professore che raccoglie il panino e lo mangia lentamente davanti alla scolaresca annichilita, è destinato a restare. E a farci vivere il clima delle trentamila ore di lezione (cifra dell'autore) che McCourt terrà, nei tre decenni successivi, in varie scuole - tecniche e non - sparse tra Brooklyn, Manhattan e Staten Island.

«In Che paese, l’America ho raccontato la mia vita, qui i miei inizi di insegnante. Ma una volta uscito il libro mi è venuto l’assillo di aver dato troppo poco risalto all’insegnamento. In America i medici, gli avvocati, i generali, gli attori, i personaggi televisivi e gli uomini politici godono di prestigio e di vantaggi economici. Gli insegnanti no. L’insegnamento è la cenerentola delle professioni.» Ecco come Frank McCourt racconta, in uno sfogo accorato, la nascita del suo nuovo libro che ci svela un altro capitolo della sua vita: gli anni dedicati alla scuola.
Dopo l’infelice infanzia irlandese, narrata nelle Ceneri di Angela, e il trasferimento e l’incontro con la nuova realtà degli Stati Uniti, descritto in Che paese, l’America, lo scrittore decide di raccogliere in un libro i ricordi della sua trentennale esperienza professionale tra i banchi degli istituiti tecnici e i licei americani. Il risultato è un terzo romanzo autobiografico in cui la leggerezza, l’ironia e la comicità che caratterizzano lo stile narrativo di McCourt si fondono in una lettura piacevole, che emoziona, fa riflettere e sorridere. Come non appassionarsi di fronte al suo racconto del primo giorno di carriera «in cui – ricorda tra il malinconico e il divertito – rischiai di farmi licenziare per aver mangiato il panino di un alunno» (lanciato a tradimento e caduto a terra) sotto lo sguardo attonito degli studenti? Come non lasciarsi coinvolgere dai ritratti coloriti dei moltissimi rissosi e pestiferi alunni che incontrò sulla sua strada, di cui descrive con acume e grande profondità le imprese e la spesso assai complicata psicologia? Sarà facile seguire queste piccole e grandi disavventure di un insegnante originale, che si riconferma senza dubbio un grande scrittore, un autore che ha molto da raccontare e che lo fa nel modo migliore, riuscendo sempre a stupire e deliziare i suoi lettori.

giovedì 7 maggio 2009

Metto ordine tra gli appunti: la rete.

E’ attraverso la metafora della rete che è possibile schematizzare rapporti tra differenti soggetti, siano essi singoli individui, gruppi, organizzazioni ed istituzioni.
Perché ciò possa avvenire è necessario mettere in atto differenti tipi di strategie:
• alcune mirate allo stimolo ed al consolidamento di relazioni già esistenti;
• altre destinate invece alla creazione, a lungo termine, di nuovi legami e di nuove sinergie.
La rete è strumento di lettura e di analisi della realtà ed in particolare delle relazioni e, al tempo stesso, modello d'intervento per la soluzione dei problemi che la complessità, cifra e categoria del nostro tempo, propone.
Ciascun soggetto, istituzionale e non, è rappresentato come nodo, e l'insieme delle connessioni tra nodi forma un reticolo, che potrà assumere differenti dimensioni, strutture, funzioni.
In questa prospettiva il lavoro di rete rappresenta una via d'uscita in quanto da un lato è capace di aggredire i problemi su più fronti avvalendosi, non di una, ma di molte risorse di tipo formale ed informale; dall'altro utilizza delle modalità d'intervento che sono al tempo stesso più flessibili, personalizzate e strettamente radicate nei contesti e nell'ambiente di vita dei destinatari.
L’agire in rete rappresenta, inoltre, l’occasione di scambiare informazioni cioè dare ma anche ricevere. Questi flussi di scambio costituiscono i nessi della rete da cui dipende il suo potenziale. Laddove una rete sia già presente, il nostro lavoro consiste nell’aumentare il potenziale di efficacia cioè migliorare la qualità e la quantità dei nessi e dei nodi.
Sul piano operativo intervenire in questa cornice significa promuovere, facilitare, organizzare l'instaurarsi di legami tra differenti i diversi soggetti allo scopo di attivare risposte ai bisogni permettendo così di affrontare in maniera integrata le differenti sfaccettature di problemi complessi promuovendo collegamenti/connessioni (relazioni intercorrenti fra i nodi) per favorire l'incontro dei bisogni con le risposte reperibili.

DIDASknol, il nuovo libro di testo digitale della scuola italiana

La scuola italiana è la prima al mondo a disporre di un libro di testo digitale realizzato interamente dagli insegnanti, dagli studenti e dai loro genitori, dai semplici cittadini. Un libro di testo accessibile gratuitamente da parte di chiunque vi abbia interesse. Il libro di testo digitale in questione si chiama 'DIDASknol', ed è ospitato nel sito http://www.didasknol.it. DIDASknol è il primo risultato visibile prodotto dalla DidasForce, la Task Force for Innovation in Education creata e supportata da DIDASCA - The First Italian Cyber Schools for Lifelong Learning. L'obiettivo degli oltre 300 insegnanti che partecipano all'iniziativa è quello di realizzare il "Piano d'Azione 4 'C': Collaborare per Creare e Condividere la Conoscenza". Con la tecnologia di Google Knol infatti tutti possono contribuire al progetto, arricchendo il contenuto di DidasKnol. E' possbile scrivere nuove unità didattiche, esprimere valutazioni, fare commenti, suggerire agli autori miglioramenti o ampliamenti.
Web
DidasKnol DIDASCA - The First Italian Cyber Schools for Lifelong Learning

Mario Giordano, 5 in condotta,Milano, Mondadori,2009


Ho già citato Pennac e intendo proporre una serie di schede su libri che parlano della scuola, della nostra scuola, in modo spesso molto crudo e critico. Ora esce Mario Giordano con la sua dura analisi così rcensita: "Il libro nero della scuola italiana - Benvenuti nella scuola italiana, dove gli studenti sono convinti che il Tiepolo sia il fratello di Mammolo, che tra i personaggi dei Promessi sposi ci siano “tre preti: don Abbondio, don Cristoforo, don Rodrigo”. Benvenuti nella scuola che è ultima nei rapporti Ocse per la preparazione degli studenti, che in dieci anni ha promosso 8 milioni di alunni con “lacune gravissime”, che porta in quinta elementare un bambino su due con problemi di lettura e manda all’università giovani convinti che l’ultimo libro della Bibbia sia “La pocalisse”. È la scuola dei mille consulenti e dei mille corsi, quella dove si studiano approfonditamente il benessere, l’arte circense, il suono dei bonghi, persino il pollo al curry, la pesca alla trota e il ritmo del tamburello, ma poi spesso ci si dimentica di insegnare l’aritmetica e l’ortografia. La scuola che cade a pezzi (240 studenti feriti ogni giorno), che si fa soffocare dalla burocrazia (due circolari da leggere in media per ogni giorno di lezione) e a volte dall’ideologia (“I gulag? Un errore di valutazione”). La scuola che ha il record di professori: li paga poco ma non li licenzia mai, nemmeno se si danno malati per andare a lavorare altrove o se vanno in aula per molestare le allieve. La scuola degli sperperi e degli sprechi, dove per trovare un supplente ci vogliono 574 telefonate. “Tutto quello che non so l’ho imparato a scuola” sentenziava Longanesi. Mai è stato vero come oggi. Ma un paese che perde la scommessa dell’educazione è perduto per sempre." Vorrei che la pars destruens finisse qui e che le intelligenze fossero orientate a ricostruire una scuola nuova ed efficace come un paese libero, moderno e democratico esige.
Personalmente mi sento più attratta dalla recente lettura di Tullio De Mauro nella
prefazione al libro di Piero Calamandrei Per la scuola, Sellerio 2008 dove pur presenti le doverose denuncie al sistema e alla gestione delle politiche dell'educazione si lascia percepire una speranza ed una fiducia per la scuola e le sua gente. Io credo nell'educazione permenente e nella continuità senza fine della formazione e voglio, ottimisticamente come dovrebbe fare ogni serio pedagogista, credere che anche queste frustate saranno una importante risorsa. Purtroppo il mercato editoriale premierà 5 in condotta così come ha fatto con Io speriamo me la cavo, ma dovrebbe porsi il serio dubbio se questo è un modo per sostenere il futuro.

martedì 5 maggio 2009

Obama e Web 2.0

David Saltuari, sul Magazine di Sky.it, approfondisce l’uso da parte della nuova presidenza americana di Obama dei mezzi di comunicazione mediata dai social networks. In particolare, si evidenzia come la Casa Bianca si sia lanciata alla conquista di Facebook, MySpace e Twitter:
“Che Barack Obama fosse il politico più attento nell’uso degli strumenti del web lo si sapeva fin dalle primarie democratiche dello scorso anno. Ora il presidente degli Stati Uniti ha deciso di dispiegare anche tutti i canali comunicativi della Casa Bianca sui social network. L’apertura dei canali su Twitter, MySpace e Facebook (che si vanno ad aggiungere ai già esistenti canali di YouTube e Flickr) ha coinciso con l’emergenza dell’influenza A, permettendo così di mettere subito alla prova l’efficacia e l’utilità di questi strumenti di comunicazione.
Perché la domanda che tutti si pongono è sempre la stessa: sarà anche bello, giovane e moderno aprirsi una pagina su tutti i social network. Ma serve poi veramente a qualcosa o fa solo immagine? La domanda non è peregrina, anche perché i social network, come si capisce dal nome, servono a socializzare e prevedono dunque un’alta interazione tra gli utenti. Ma per la Casa Bianca, sia per il necessario distacco istituzionale che deve avere sia per la quantità di contatti che ha, risulta impossibile essere un’utente come tutti gli altri. Sarà ben difficile scoprire su Facebook quali sono i cinque personaggi che vorrebbe avere accanto in una rissa…
…La Casa Bianca si offre completamente al commento pubblico e al pubblico dibattito, non si preoccupa se sotto i proprio video o nei propri status compaiano commenti fuori luogo o offensivi, perché si fida della capacità degli utenti di controllarsi e di gestirsi in modo civile (e a leggere i commenti, per ora, i cittadini dimostrano la loro maturità). E confida soprattutto nelle sue azioni e nelle proprie politiche per evitare i commenti critici. Il commento, da atto privato tra utenti, diventa qualcosa di pubblico e forma un nuovo modo di intendere l’opinione pubblica. Un opinione che, effettivamente, tiene il governo sempre sotto controllo ed ha gli strumenti per diventare massa critica.

Politiche dell'istruzione e dell'educazione.



Obama sull’istruzione: per tutti, buona e al passo con i tempi
Il programma riguardante l’istruzione dell’amministrazione presidenziale americana a guida Obama è stato quasi ignorato o minimamente discusso dai mezzi di “informazione” in Italia, al limite dell’assenza assoluta di dibattito pubblico e privato. Siamo in un paese - l’Italia - dove parlare di scuola e istruzione per il presente e il futuro equivale al nulla, dove il pernacchio dell’ultimo reality show ha dignità di prima serata con tanto di programmi di approfondimento, sia a livello privato che a livello pubblico. Negli USA il peso dell’istruzione è diventato elemento strategico per la politica nazionale.
Obama ha quindi illustrato quelli che lui stesso chiama (in inglese) i “Five Pillars” (i cinque pilastri) del suo programma d’azione sull’istruzione durante un discorso all’United States Hispanic Chamber of Commerce lo scorso martedì 10 Marzo, al Washington Marriott Metro Center.
Ecco i “pilastri” dell’educazione secondo Obama:
1) “Investing in early childhood initiatives” like Head Start;
2) “Encouraging better standards and assessments” by focusing on testing itineraries that better fit our kids and the world they live in;
3) “Recruiting, preparing, and rewarding outstanding teachers” by giving incentives for a new generation of teachers and for new levels of excellence from all of our teachers.
4) “Promoting innovation and excellence in America’s schools” by supporting charter schools, reforming the school calendar and the structure of the school day.
5) “Providing every American with a quality higher education-whether it’s college or technical training.”
In sintesi, lo sviluppo e la promozione socio-economica dipende dalla promozione dell’istruzione di qualità, dall’avere insegnanti bravi e ben pagati, dal non lasciare indietro alcun bambino, dall’avere un’ottima istruzione universitaria, perché già dal 2016 si dovrebbero avere professioni e percorsi lavorativi che imporranno la necessità di padroneggiare concetti e capacità di livello, internet incluso. Infine (e molto interessante per i profeti di sventure economiche di bilancio che negano adeguati fondi all’istruzione), Obama dimostra che nel lungo periodo una persona poco e/o male istruita costa di più alla comunità che una con le migliori opportunità.

lunedì 4 maggio 2009

Intuizioni ancora attuali.

Con testo scritto integrale un intervento stupendo e valido ancora oggi:

"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani".

(Robert Kennedy)

La mia percezione.


Ogni valutazione, per essere tale, deve partire dalle proprie personali modificazioni in modo da essere il più possibile attenta ai cambiamenti che ciascuno ha messo in atto.
Nel mio caso ci sono stati, numerosi, e, soprattutto significativi. Come ho già avuto più volte modo di dire, se non ci fosse stata questa occasione probabilmente non avrei avuto la possibilità di buttarmi ed iniziare, seppur a minor velocità rispetto il gruppo di riferimento, il mio percorso.
Soprattutto giudico positiva l’occasione di usare realmente alcune possibilità offerte dal WEB 2.0, già conosciute in teoria e non ancora vissute. In altre occasioni, ad esempio, ho visto Delicius, partecipato a scritture collaborative con Google-documenti, ecc., ma sempre con l’immediata scadenza della prova e con una limitata rendita personale e conseguente spendibilità futura.
Oggi, invece, questo è pacificamente condiviso e so già per certo che il blog, il mio blog, sarà un qualcosa che mi apparterrà anche dopo…
Pure l’aspetto sociale della dimensione del WEB 2.0 è stata in parte raggiunta: siamo transitati da una classe, seppur virtuale, racchiusa nel perimetro della piattaforma, con qualche disubbidiente sconfinamento in Skipe, ad una più ampia comunità che interagisce su più piani, dimensioni, luoghi…
Forse è una percezione mia, dell’ultima arrivata, però vedo qui che deve ancora essere raggiunto lo spirito più condiviso di una vera comunità. Abbiamo forse fatto transitare le nostre mentalità dal vecchio mondo e, immigrati, non siamo in grado di dimenticare l’esperienza delle nostre radici.
Passando nella nuova dimensione globale con le straordinarie possibilità a tutto tondo, abbiamo portato con noi molte delle modalità di lavoro che ci erano proprie e attuiamo riti e consuetudini del passato in modo più veloce e comodo. Non è questo l’obiettivo vero, ci stiamo avvicinando, ma dobbiamo ancora assumerlo. Abbiamo sfiorato la condivisione e l’essere comunità, ora bisogna governare il percorso e centrarlo pienamente, per crescere realmente.

domenica 3 maggio 2009

Tempo di valutazioni


Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno.

sabato 2 maggio 2009

Utopia

Per uscire dal guado che sempre ci imprigiona e rallenta bisogna pensare in grande, bisogna andare verso l'ou-topos e con Ferdinando BIARI, mi ripeto:

Lei è all'orizzonte.
Mi avvicino di due passi,
lei si allontana di due passi.
Cammino per dieci passi
e l'orizzonte si sposta più in là.
Per quanto io cammini,
non lo raggiungerò mai.
A cosa serve l'utopia?
Serve proprio a questo,
A Camminare


Già Weber ci ha insegnato che l'uomo mai avrebbe raggiunto il possibile se non avesse rincorso l'impossibile come a Parigi rammentavano i ragazzi del maggio '68: Siate realisti, esigete l'impossibile!
Camminiamo insieme...

venerdì 1 maggio 2009

copertina

 
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Sforzo.

Vedo necessario uno sforzo che non si presenta ancora nè automatico nè condiviso. Prendo spunto dal "Bollettino Salesiano" n.1/09 che descrive le differenze di competenza tra le generazioni in materia di tecnologie. Cosa vera e problematica; ma, ancora una volta, non si riesce a cogliere la necessità del salto. E' infatti, ormai del tutto inderogabile passare dalla conoscenze delle TIC alla loro utilizzazione.
E' come al tempo delle prime automobili, all'inizio lo chauffeur doveva essere un meccanico, tutto era centrato sul rapporto uomo macchina, ora dev'essere un viaggiatore, spesso all'oscuro di quello che c'è sotto il cofano, ma ben orientato verso le mete del viaggio.
Si diceva che le metafore servono a capire il problema; io credo di averlo inquadrato così.