Quarto Stato

Quarto Stato
Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907)

Chioggia.

Chioggia.
Canal Vena, tratto nord ovest.

Ingresso sud

Ingresso sud
Vele al terzo

sabato 9 maggio 2009

Domenico Starnone







"A volte viene il desiderio di fermarsi e mettere un po' d'ordine tra le cose che ci siamo lasciati alle spalle. Ma il desiderio non basta, c'è bisogno di un'occasione. Ho approfittato del compleanno di Ex cattedra, il mio primo libro, un diario che raccontava in diretta la scuola del 1985-86, per decidermi a rimettere sguardo e mano su quello che di scolastico, negli anni, ho abbandonato qua e là. Moltissima roba l'ho lasciata dov'era, su giornali e riviste, a sbiadire definitivamente. Altre cose, poche, le ho recuperate per metterle di seguito a Ex cattedra come testimonianza di un percorso e di una passione. Il risultato è questo volume, che considero come una teca, la custodia di vecchie pagine nate dal gusto di raccontare e dall'amore per la scuola pubblica, un luogo di esposizione per un'esperienza definitivamente conclusa." (Domenico Starnone)

Tra tutti i ripetenti, l'insegnante è il più ripetente di tutti. Gli studenti, come sassi di una fionda, fanno un po' di giri e poi finiscono via. L'insegnante resta, anno scolastico dietro anno scolastico, imbambolato dalla giostra su cui è salito a sei senza sapere che non ne sarebbe sceso più. Un insegnate pluriripetente racconta qualche giro sulla 'giostra scuola'. Ne vengono invenzioni buffe praticamente vere. Un'allieva che cambia continuamente nome per confondere il suo insegnante. Un amore infantile nato tra "Pianto antico" e "Chiccolino dove vai". Un docente svampito braccato dai fantasmi senza nome dei suoi studenti. Un corso interdisciplinare più attento al Moro di Venezia che a un giovane studente nigeriano. Una fuga attraverso aule e corridoi di un insegnate che non vuole pianificare il suo lavoro. Il Novellino di un'istituzione - la scuola media superiore - freneticamente immobile.
recensione di Borgarelli, S., L'Indice 1992, n. 6
(recensione pubblicata per l'edizione del 1992)

"Per ultimo: 'io' non sono io. Niente di ciò che ho raccontato qui mi è realmente accaduto. Se fatti e persone dovessero sembrare reali, la colpa è tutta della realtà". Con questa avvertenza si chiude la raccolta di racconti ambientati in quel mondo scolastico grottesco e stralunato che già aveva dato materia a Starnone - professore d'italiano in un tecnico di Roma - per l'esilarante "Ex cattedra". Ma l'autore approfitta a oltranza, in controluce, dei panni del protagonista. In "Piano" ad esempio, lo svagato insegnante d'italiano che non si rassegna a presentare il piano annuale di lavoro al preside, ha la stessa età di Starnone: "'E allora? Consegni questo piano. Che ci vuole? Lo sa come si fa. Da quanto tempo è nella scuola?' Ho risposto: 'Dalla prima elementare. Quarantadue anni. Sono del '43".
Chissà se la comicità delle situazioni vissute dal protagonista agisce nello stesso modo in tutti i lettori possibili.
Forse no. Forse avrà più sicura presa su chi ogni giorno entri in un'aula scolastica per fare un mestiere che Freud poneva tra quelli impossibili. Su chi potrà mettersi a sua volta nei panni di un eroe tragicomico della categoria, ora goffo ora audace. Capace di trasformarsi in saltimbanco, pur di vincere nel gioco della seduzione. Di tenere nella sua orbita discenti pronti in qualsiasi momento a rientrare nella loro galassia. Come accade in "Travestimenti", dove il protagonista si scopre parodiato da un'allieva abilissima che in sua assenza a beneficio della classe "salmodiava sonnolenta: 'La poesia pascoliana è densa di agghiaccianti dettagli da obitorio...'. Poi ha finto un respiro mozzo si è fermata apoplettica e ha rantolato: 'Da obitorio, sì'". Qui la trovata da saltimbanco "... ho afferrato uno zainetto vuoto e me lo sono sistemato sotto il maglione per farmi un seno di belle speranze. Quindi mi sono piegato un po ' sulle ginocchia per significare: 'Tamburrano è tracagnotta'...La classe, superato il disorientamento iniziale, ha dato pugni sui banchi, calci nell'aria, sghignazzi". Aspetti consolatori di una narrazione terapeutica, in primo luogo per chi salda con il filo delle digressioni - da un racconto all'altro - la scelta della nevrosi ex cattedra con quella ex letteratura: "Non so che faccia ho fatto ", dice il narratore alla fine di un gioco dei prefissi fatto in classe, dove intuisce di non potersi sottrarre all'etichetta di "dissegnante" nemmeno lui, così democraticamente ludico... Qui un piano semovente ruota di colpo, spostandoci nella bottega dello scrittore artigiano: "Uno dei problemi del racconto in prima persona è che non puoi mai descrivere l'espressione che hai".
Ma terapeutica per il lettore-insegnante sarà l'implicita rivendicazione che percorre tutti questi racconti. Del diritto di cittadinanza di un tempo "altro" da quello dei rituali stantii della scuola. Tempo solo per convenzione di ruoli urgente presso l'adolescente: "Questa mattina mi sono distratto e ho cominciato a fischiare in classe...A sentirmi mi sono interrotto con un sussulto. Ho temuto che qualcuno mi gridasse: 'Manigoldo, non si fischia in classe'...Ho provato un terrore che sapeva di gomma per cancellare, pennino Cavallotti, calamaio, carta assorbente". Così in "Allor" si dà luogo alla libera associazione per ritrovare i primi anni di scuola. Nascosti tra le pieghe di quelli recenti, vissuti da "insegnante". Rivelati dai lapsus, dagli atti mancati che inceppano la giostra scolastica. Registrati fuori registro.

Nessun commento:

Posta un commento